Io direi, un po’ «hegelianamente», che la comprensione d’un periodo storico è spesso il frutto dell’averlo attraversato nelle sue contraddizioni. Faccio un esempio concreto, caro Alberto, e spero sia utile anche per Andrea C. (cui sono grato per la riflessione/domanda). Mio padre, classe 1928, da ragazzino era profondamente fascista, ed era inevitabile che lo fosse. Poi, col disastro della guerra civile, e lo stesso carcere di cui ho con modesta penna <a href="http://diego56.com/2013/07/05/una-strana-scuola-di-ballo/" rel="nofollow">raccontato</a>, maturò in lui la contraddizione e la sintesi finale dell’adesione al PCI. Ebbene, il racconto del mio babbo, uomo di poche lettere ma molta vita, è denso proprio per l’aver vissuto quel «processo». Questo per dire che nella vita d’uno scrittore e anche d’un filosofo, le contraddizioni sono spesso il fecondo cammino di idee ben radicate e non superficialmente declamate. Gli errori rendono più profondo, dialettico e definitivo, ciò che si conosce.
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